02 – Bdsm – Secret Dungeon – Bdsm rave party

BDSM Rave Party iscrizione 9999euro – per info secretdungeon@gmail.com

Tutto qui, nessuna altra indicazione. Questo era l’annuncio che Marco e Chiara trovarono su uno sporco e anonimo muro in centro città. I due amanti si guardarono ed ebbero lo stesso pensiero: perché costa così caro ? E che cosa ti offrono in cambio ? Chiara parlò per prima.

“Perché non proviamo a chiedere informazioni ? Così per curiosità…”

In Marco si risvegliò subito il desiderio

“Va bene schiavetta…”

Nell’intimità facevano sempre quel gioco, lui era il padrone, lei la schiava. Facevano giochi soft. Tutto era cominciato quando lei si era interrotta improvvisamente durante un pompino, l’aveva guardato negli occhi e gli aveva detto.

“Hai mai usato la cintura ?

Lui era rimasto un attimo bloccato ed aveva risposto di no mai… la cintura ?

Ma non se l’era fatto ripetere due volte. Aveva preso i pantaloni gettati poco prima sul letto, sfilato la cintura ed aveva iniziato a frustarla senza affondare troppo i colpi. Lei si era andata ad avvolgere ancora il suo uccello e si prendeva le dolci frustate sulla schiena e sulle natiche respirando affannosamente dal naso. Tutti gli incontri amorosi da quel momento furono dedicati alla scoperta dell’affascinante mondo del BDSM. Una volta lei lo aveva voluto legare al letto con una cintura. Aveva iniziato a graffiarlo sul torace. Marco non sopportava di essere sottomesso, subito le aveva ordinato di succhiargli il cazzo e lei aveva obbedito. Anche i ruoli erano ben definiti. Quella sera entrambi avevano voglia di rientrare a casa di corsa per scrivere la mail di richiesta informazioni. Quell’annuncio li intrigava parecchio. Appena a casa Chiara accese il PC ed iniziò a scrivere. Marco la fermò subito.

“Mia schiavetta adorata, vatti a vestire come si deve e poi vieni qui a scrivere la mail con la lingua.”

Chiara che era già eccitata al pensiero del misterioso Rave Party, si eccitò ancora di più.

“Sì padrone.”

Si vestì con il solito completino sexy, calze autoreggenti, tacchi a spillo. Un classico da rivista patinata.

“Ora mettiti a 90 davanti al PC ed inizia a scrivere.”

Marco le dettò le parole una ad una, lei scriveva una lettera alla volta molto lentamente. Spesso doveva interrompersi per le carezze delicate che il padrone le faceva in mezzo alle gambe. Quando s’interrompeva inarcava la schiena, alzando la testa dalla tastiera, tenendo sempre i gomiti sul tavolo e cercava di chiudere le cosce affusolate per sentire il contatto della mano del padrone e cercare di avvicinarsi il più possibile all’orgasmo.
Era istintivo, non poteva farne a meno. Il cervello sapeva che il padrone non le avrebbe permesso di godere appena iniziato il gioco. Infatti ad ogni tentativo il padrone se ne accorgeva immediatamente e le ripeteva ‘Chiara…’, con un tono con cui si rimproverano le bambine capricciose ma adorabili. Terminata la mail il padrone condusse il loro gioco fino all’orgasmo finale della schiavetta dopo qualche ora di dolce sofferenza per lei e di alcune eiaculazioni per lui. Entrambi avevano fantasticato tutto il tempo sull’evento pubblicizzato.
Dopo alcuni giorni arrivò la risposta seguente:
‘Buongiorno aspiranti partecipanti al 1° BDSM Rave Party,
i requisiti necessari sono:
forma fisica eccellente
predisposizione ai rapporti BDSM (è possibile scegliere da quale parte stare)
notevole disponibilità economica (le prestazioni saranno pagate singolarmente durante l’evento)
massima riservatezza.
Se vi sentite pronti per la selezione potete recarvi ogni lunedì sera presso la palestra Gymnasium per la valutazione fisica.’
Marco e Chiara lessero la risposta dall’ufficio e si telefonarono subito eccitati.

“Hai visto che roba ? Ci andiamo Marco ?”

Lui si sentì un po’ spaventato dallo slancio di Chiara, una punta di gelosia si fece largo in lui, ma poi accettò. Dopotutto lui avrebbe scelto di fare il master, ed avrebbe avuto il controllo della situazione, si disse che al limite avrebbe troncato i giochi se non gli fosse piaciuto.
Lunedì sera si ritrovarono entrambi alla palestra convenuta. Fecero finta di chiedere informazioni sull’abbonamento e fecero un ingresso di prova. La sala pesi era piuttosto piena, si guardarono intorno tutta la sera alla ricerca di una osservatore o di telecamere. Poi dovettero separarsi con un po’ di preoccupazione per andare a farsi la doccia e cambiarsi. In realtà la palestra non aveva niente a che fare con l’evento, era solo un escamotage per selezionare partecipanti dal fisico mozzafiato, per garantire un livello eccellente al party. Un uomo ed una donna irriconoscibili erano negli spogliatoi, con l’occhio attento alle curve di Chiara ed ai muscoli di Marco.
Dopo qualche giorno di attesa interminabile arrivò un’altra mail.
‘Se siete ancora decisi a partecipare all’evento mandate una mail di conferma, il bonifico di pagamento dell’iscrizione e tenetevi liberi tra le 20 del 14 febbraio ed il mezzogiorno del giorno successivo. Una limousine passerà a prendervi al luogo da voi indicato. Oltre a voi stessi è necessario che portiate le carte di credito ed il libretto degli assegno, a tutto il resto penserà l’organizzazione.’
Marco e Chiara avevano il cuore che gli batteva a mille. Si fecero venire a prendere in un luogo distante dalla loro casa per dare meno nell’occhio con i vicini. La limousine arrivò puntuale. L’autista non scese, loro salirono. I vetri erano completamente oscurati sia dall’interno che dall’esterno, anche l’autista era isolato da loro. Il tragitto durò un paio d’ore, non avevano la minima idea di dove si trovassero. Quando la limousine si fermò e spense il motore capirono che erano arrivati. Scesero e videro altre otto limousine identiche parcheggiate in linea perfetta davanti all’ingresso di quello che sembrava un hotel o una grosso villa. Si diressero verso l’ingresso dove finalmente furono accolti da qualcuno in carne ed ossa.

E che carne…

Una splendida venere nera in minigonna e top ridottissimo.

“Buonasera signori, prego, il signore di qua e la signora nell’altra stanza.” l’atrio era pieno di ragazze tutte simili, nere, bellissime, tutte vestite uguali. “Riceverete le istruzioni nelle vostre camere.”

Marco e Chiara si separarono controvoglia e con un po’ di timore per quello che stava per accadere ma dovettero accettare le regole del gioco. Nella stanza trovarono un foglio molto dettagliato con le istruzioni.
‘Gli schiavi si troveranno nell’arena, i padroni all’esterno. I padroni dovranno comunicare con gli organizzatori tramite bigliettini e con lo stesso mezzo riceveranno eventuali risposte, per evitare che la loro voce li renda riconoscibili.’
In fondo al foglio c’erano due grandi quadrati con due scritte: Master/Mistress e Slave.
Era sufficiente una bella croce per decidere da che parte stare. Chiara era impaurita ma scelse la casella Slave. Finora con Marco il gioco le era piaciuto. Marco scelse ovviamente la casella Master poi firmo un assegno in bianco ed appoggiò la carta di credito sullo scrittoio.
Una volta apposta la croce, entrò una hostess per la preparazione. Entrambi furono fatti spogliare per una doccia. Dopodiché le hostess chiesero gentilmente di assumere la posizione a 90 gradi per un clistere. Chiara obbedì credendo che il gioco fosse iniziato, mentre Marco obbiettò che lui aveva scelto di essere Master.

“Lei non si immagine quanti master hanno chiesto ed ottenuto dietro lauto compenso di entrare nell’arena, e come sa all’interno ci sono gli slave. Glielo dobbiamo fare per garantire l’igiene dell’evento.”

Fu così che Marco subì con rabbia il suo primo clistere.
Poi le hostess li depilarono completamente e spalmarono sui loro corpi un olio profumato. Chiara fu vestita da perfetta troietta con due scarpe con le zeppe altissime e lacci alla schiava che le avvolgevano i polpacci sottili fin sotto al ginocchio. Uno slip di cuoio nero minuscolo, un collare e due bracciali di ferro battuto chiusi con dei grossi lucchetti, una cuffia di cuoio nero che la rendeva irriconoscibile, coprendole i capelli gli occhi, il naso e le orecchie, ogni cuffia aveva un numero, Chiara aveva il 9. Solo la bocca rimaneva libera per respirare ed evidentemente per un utilizzo al di fuori di ogni regola di pudicizia. L’hostess decise di coprire il tatuaggio che Chiara aveva al fondo della schiena, all’altezza della cintura con un corpetto. Glielo fece indossare e le strizzò il busto per riuscire a chiuderlo. Il corpetto le segnava i fianchi e le strizzava le tette verso l’alto lasciandole all’esterno. Marco fu lasciato nudo e condotto nella zona esterna dell’arena.

L’esterno era completamente buio, c’era un corridoio che girava tutto attorno, con delle piccole vetrate per vedere l’interno. Si doveva stare in piedi ed all’altezza del membro c’era un buco per infilarlo.

L’interno dell’arena era illuminato da torce e candele. La luce era poca. L’ambientazione era nello stile delle segrete per le torture dei castelli medievali. C’erano gabbie, cavalletti, arnesi di tutti i tipi, fruste, cinghie di cuoio, anelli alle pareti. Tutti e nove i master erano uomini, si disposero davanti alle finestrelle per assistere allo spettacolo. Una alla volta entrarono le slave, ognuna al guinzaglio condotta da una hostess nera. Le hostess nel frattempo si erano cambiate. Ora indossavano abbigliamento intimo nero ed una maschera molto sofisticata simile a quelle antiche del carnevale di Venezia che le rendevano misteriose e desiderabili al massimo livello. Anche le hostess avevano la pelle lucida di olio. Tutta la scena era curata al massimo dettaglio per dare un atmosfera patinata e sensuale.

Quando la prima hostess si avvicinò con una schiava al guinzaglio Marcò ebbe un tuffo al cuore vedendo un grosso uccello spuntare dal minuscolo perizoma. Tutte le hostess erano delle bellissime trans con un membro turgido già pronto alla penetrazione. Marco si eccitò all’istante, aveva davanti nove schiave accuratamente selezionate tra le più attraenti e nove trans nere altrettanto belle. Il sogno di vedere la sua donna penetrata poteva essere realizzato senza nessun problema di gelosia, non si poteva essere geloso di una donna così, anzi. Marco istintivamente iniziò a masturbarsi, ma smise quasi subito per non rovinare subito il gioco e provare a resistere il più possibile. Le trans iniziarono a legare le schiave in vari modi, uno differente dall’altro. Marco cercò Chiara con lo sguardo. Era difficile riconoscerla nell’oscurità. I corpi lucidi sembravano tutti uguali, non poteva vedere il tatuaggio perché coperto. Escluse alcune che avevano quella zona scoperta, altre per alcuni dettagli fisici. Ne rimase una sola doveva essere lei, ma non ne era sicuro. Decise di seguire la sua legatura.

La trans la fece sdraiare su una botte al centro della stanza, le legò mani e piedi al suolo. I piedi distanti uno dall’altro. Poi prese un’asta di ferro e la posizionò tra le ginocchia della schiava. Alle estremità c’erano due anelli, li fissò attorno alle ginocchia e li strinse. Marco era di fianco. La trans si posizionò dalla parte opposta, come se sapesse che lui era lì e che voleva assistere ai supplizi di quella schiava.

Quando tutte le schiave furono legate iniziarono le torture. Le trans utilizzavano di tutto. Facevano le cose molto lentamente, per dare modo agli uomini all’esterno di friggere d’impazienza e di seguire i supplizi di più schiave, come in uno zapping atroce. Le donne invece vivevano un’esperienza più isolata. Sentivano i lamenti delle altre ma erano irrimediabilmente concentrate ognuna sul proprio dolore, sull’attesa del prossimo colpo, della prossima carezza, bacio, frustata.

Marco seguiva solo Chiara, non si faceva distrarre dai lamenti irresistibili delle altre. L’hostess cominciò con l’applicazione di un morsetto a vite ad un capezzolo. Chiara si irrigidì di scatto per sopportare il dolore, rimase tesa per un po’ e poi cercò di rilassarsi. La venere nera prese in mano il morsetto con il capezzolo intrappolato ed attese ancora. No…no…un giro di vite. “Aaaaaaaahhhhh…”

Marco per non masturbarsi si teneva il grosso membro in mano e spingeva con forza la pelle verso il basso. L’aguzzina non mollò il morsetto. Chiara capì che sarebbero arrivati altri giri di vite. Uno dopo l’altro, un’attesa interminabile tra un giro e l’altro. Nell’attesa Chiara respirava sempre più affannosamente e perdeva sempre più l’autocontrollo.

“No, ti prego! Un altro mezzo giro…Faccio tutto quello che vuoi !”

“Stai già facendo tutto quello che voglio mia cara. Mi sto godendo il tuo dolore, la tua dignità sta crollando. Quando avrò finito con te ti sentirai svuotata dentro, avrai implorato per ore.”

Chiara si sentì perduta. I giochi con Marco erano così diversi. Lui la portava al piacere con la giusta dose di dolce dolore. Quella sera non c’era alcuna parola di sicurezza, implorare non avrebbe impietosito nessuno. Anzi era l’obiettivo della sua torturatrice. Chiara cercava di resistere ma nei momenti più bui le preghiere alla venere nera uscivano con urla laceranti. Il secondo capezzolo subì la stessa sorte del primo. La padrona ripeté gli stessi movimenti lenti e metodici. Chiara era sicura che avrebbe fatto lo stesso numero di giri di vite. Non si ricordava però quanto ne aveva subiti. Ed il dolore a quei livelli non era paragonabile tra capezzolo destro e sinistro, era semplicemente insopportabile. Finalmente la sua aguzzina lasciò andare il morsetto. Il dolore era forte ma a Chiara sembrò che lentamente diminuisse. La venere nera si diresse verso la finestrella di Marco e lo fissò negli occhi dall’altra parte del vetro, come a dire, ‘hai visto cosa posso fare alla tua donna ?’

Poi tornò da Chiara, si inginocchiò e le sussurrò all’orecchio.

“Sì tesoro, ora diminuisce un po’. Ti lascio riposare e poi riprendiamo.”

A Chiara sembrò che la sua torturatrice fosse la sua migliore amica.

“Grazie padrona.” le rispose e queste parole le uscirono veramente dal cuore.

L’hostess ritornò con una candela accesa ed iniziò a farle gocciolare la cera fusa sulle braccia, seguendo un percorso sinuoso sul corpo verso le ascelle depilate e lucide di olio, esposte alle gocce, poi sul seno. Chiara aumentò il respiro via via che i punti raggiunti erano i più dolorosi. La trans si fermò un attimo e fece cadere le due ciliegine sulla torta. I capezzoli sprofondarono ancora nel dolore più lacerante e Chiara li seguì. Poi una pausa. La cera riprese a cadere sulle cosce, un elegante disegno fino al pube. Due dita che allargano le labbra del sesso a scoprire il clitoride in un lago di piacere. Chiara non se ne rendeva conto ma era vicina all’orgasmo. Non aveva mai provato sensazioni così forti confondeva dolore e piacere e non capiva più nulla. Gocce sul clitoride e dolore ancora più profondo. Marco intanto si premeva i testicoli con una mano e spingeva la pelle del cazzo verso il basso fin quasi a strapparla.

La venere nera si inginocchiò tra le gambe di Chiara e iniziò la penetrazione. Chiara era completamente dilatata, il membro nero scivolò dentro inghiottito dal piacere della schiava. Chiara si sentiva una troia, si stava facendo scopare da uno sconosciuto. Sapeva che non era Marco perché non era il tipo da torturarla a quei livelli. Marco era eccitato, ma anche lui si rese conto che la sua ragazza si stava donando come una troia ad uno sconosciuto.

Doveva fermare quella scena, chiamò una hostess di servizio all’esterno dell’arena, che stava passando con un vassoio con carta e penna. Scrisse sul foglio: ‘pompino con ingoio dalla numero 9’. L’hostess uscì dal corridoio e tornò poco dopo. Sul foglio c’era scritto: ‘quanto offri ?’ Marco scrisse 100euro. Poco dopo l’hostess tornò: ‘non basta’. Marco si rese conto che doveva vincere quell’asta al più presto. Poteva anche succedere che un altro master offrisse denaro per la sua donna, oppure che decidesse di entrare nell’arena. A suo rischio e pericolo, perché la regola dice che chi è dentro è slave. Ma nell’eccitazione della scena c’è chi è disposto a subire qualsiasi cosa pur di entrare a fottere le schiave. Marco scrisse in sequenza 200, 500, 1000, 2000 euro. Solo l’ultima offerta venne accettata dall’organizzazione. Era impazzito ! 2000euro per un pompino con ingoio dalla sua ragazza ! Ma non aveva dubbi, era la cosa giusta da fare.

Nel frattempo però la trans aveva continuato a scoparsi Chiara. Entrambe avevano raggiunto l’orgasmo. La nera fu avvisata dall’hostess di servizio di quello che doveva fare. Slegò Chiara e la fece mettere alla pecorina. Poi la condusse con il guinzaglio fino al buco dove Marco aveva infilato l’uccello durissimo.

“Ora spompina questo cazzo come meglio sai fare tesoro, l’uomo attaccato a questo uccello ha pagato molto per farti ingoiare il suo sperma.”

Chiara non aveva più forze. La prima frustata sul culetto la risvegliò e si mise al lavoro. Marco vedeva la schiena di Chiara con i fianchi strettissimi dentro al corpetto ed il culetto nudo che veniva frustato dalla hostess. Chiara prese le palle nella mano destra e con la sinistra scoprì la grossa cappella. Lo prese in bocca e lo leccò avidamente senza fare su è giù. Era il modo che piaceva a Marco. Lui però non si dava pace. La sua amata schiavetta lo aveva riconosciuto ? Dopo essersi fatta scopare da quello che per lei era uno sconosciuto, stava spompinando un cazzo qualsiasi ? O sapeva che era il suo cazzo, quello che da alcuni anni era il solo ad avere il diritto ed il privilegio di entrare in lei ?

Marco cercava di non pensarci, ma sentiva dentro piacere per il dolore delle frustate che Chiara subiva. Scrisse su un foglietto: ‘voglio strappare i morsetti a questa troia. 5000euro.’ Tanto per mettere le cose in chiaro, la cifra gli sembrava inequivocabile. Non bastavano. 10000Euro ! Permesso accordato.

L’hostess entrò nell’arena e parlò nell’orecchio della torturatrice. Questa fisso due catenelle ai morsetti e le fece passare dallo stesso buco dove Marco aveva infilato l’uccello. Marco prese le catenelle e tirò lentamente. Chiara sentì il riacutizzarsi del dolore ai capezzoli, sempre di più. Appena accennava ad interrompere il pompino le frustate aumentavano di intensità e frequenza. Non aveva scampo, doveva succhiare con il massimo impegno ed attendere l’orgasmo. Non ci volle molto. Il getto di sperma le riempì la bocca ma lei non si fermò. Sapeva che il pompino va continuato finché il fortunato di turno non ti prega di smettere. Questa volta il segnale di smettere non fu una carezza sulla testa, ma uno strappo violento alle catenelle dei morsetti.
Chiara questa volta svenne dal dolore e fu il buio.
Quando rinvenne la schiavetta si ritrovò nella stanza. Una hostess la accudiva amorevolmente. Le fece un bagno caldo, la massaggiò, la aiutò a vestirsi e la condusse nell’atrio dove c’era Marco ad attenderla. I due uscirono abbagliati dal sole pieno di mezzogiorno, salirono sulla limousine per il rientro al luogo del prelievo.
Per tutto il viaggio rimasero abbracciati in silenzio, ognuno preso dai propri pensieri, tradimento, piacere del dolore assoluto dell’altra. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo per raccontarsi tutta la storia ognuno dal suo punto di vista.

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